lunedì 23 giugno 2008

21/ Tessere reti - Rimini 11/04/08

Tessere reti: restituire, ricostruire, resistere.

di Antonietta Potente



Vorrei ripensare insieme la trama che tesse il titolo di questi giorni del Convegno: «Tessere reti: restituire, ricostruire, resistere».


Tornare a plasmare che tutti utilizziamo quando parliamo delle relazioni tra i popoli, continenti, culture, risorse naturali… Riaprire un discorso chiuso dove tutto passa solo e sempre attraverso l'ambito economico e del mercato, dove l'ingiustizia sembra avere solo il volto dei mercati e dei mercanti locali e internazionali. Tessere per riaprire il pensiero, le parole e la visione, sull'amore alle sapienze e alle diversità. Superare un linguaggio che oggi come oggi mi sembra divenuto troppo retorico.


Si tratta solo di una mia lettura, forse molto personale, intorno ad alcuni concetti e alcuni termini, usati nei nostri ambiti di impegno storico e che provocano in me alcune inquietudini.


Quello che propongo è soltanto un approccio, una chiave di lettura filosofica. «Tessere reti: restituire, ricostruire, resistere»: mi domando se a questi verbi, così cari nell'universo simbolico delle nostre complicità sociali, non possano esistere anche altri. Mi domando se oltre al restituire, ricostruire, resistere, non esistano altri gesti da esplorare. Ma per far questo parto ancora una volta dal contesto storico attuale e vorrei descrivere il contesto usando le eloquenti immagini di una danza: il Flamenco.


L'interpretazione è tratta dall'opera Live (la prima parte chiamata Martinete) di Joaquín Cortés. Grido, sogno, nostalgia, protesta; nomade passione di identità in ricerca.


Nostalgia, dolcezza e forza, intesa come sforzo. Frammenti di molte musiche e di molti movimenti. Nasce da un punto geografico senza arché, anarchico, ed è nomade come il desiderio e come il sogno. Qualcosa di intrattenibile, una vera e propria fuoriuscita di storia. Queste immagini si riferiscono a un canto, un grido… esplosione di una voce che segue il movimento più bello della vita, la fuoriuscita delle cose, siano esse suoni, scintille di luce, elementi della terra, frutti o esplosioni di lapilli vulcanici… desideri, parole… ma comunque e sempre fuoriuscite, perché la storia si porta avanti per queste fuoriuscite di vita, esplosioni di energie rimesse in movimento. Esplosione di un' idea, di un sogno, di un' intuizione, di un processo vitale. Non la monotona cronologica successione di avvenimenti, ma la fuoriuscita della resistenza. Perché anche questa danza, questo canto e grido, è una fuoriuscita di resistenza, no come passiva condizione di vita, ma come capacità di non farsi cacciare fuori dalla vita, succeda quel che succeda. Una mescolanza di stili di musica differenti: ingredienti orientali, indù, greci, bizantini, arabi, ebrei… Ingredienti che si sono fusi lungo la storia e sotto il sole dell' Andalusia…


I gitani, in seguito, sarebbero coloro che con spirito nomade raccolgono questi frammenti. Cultura mista, meticcia; un mistico linguaggio dei gesti del corpo e delle mani, una raccolta di gesti preziosi della vita e grido, espressione di nostalgie, pianti e lamenti, feste e gioie. Storie di dignità e storie di sfruttamento, ricerche e sempre più incessanti ricerche per arrivare al tempo della vita. Comunità clandestine, dice la storia, simboli di marginalità e disobbedienza totale. Probabilmente è per questo che comunque questa danza resta occulta e conserva toni misteriosi e io direi mistici. Soffusa dignità che viene dal basso e occupa lo spazio bellissimo della vita, anche se ufficialmente questa vita non la riconosce.


Anche il nome è curioso: Flamenco, i suoi gesti e movimenti ricordano quelli dei Fenicotteri che in castellano si chiamano Flamencos… Secondo alcuni potrebbe anche essere un gioco fonetico di una espressione arabo-spagnola «Fellah mengu» che letteralmente significa «Contadino senza terra». Per altri evoca il fuoco… Fa parte del mistero. E' comunque certo che chi sostiene il movimento e il passo, oltre agli strumenti, è il ritmo delle mani e dei piedi, insieme al grido , la fuoriuscita della voce. Nella parte che abbiamo ascoltato, è il grido di una donna… o forse della terra, dico io, visto che le parole che fuoriescono dal grido evocano la terra e la sua benedizione…Benedetta terra, terra benedetta, gridava questa donna, terra bruciata… io non so.., ma dopo la notte spunta l'alba e sorge il sole… anche la cadenza di questa certezza segue un ritmo: diviene certezza perché ripetuta, più volte.


Le conclusioni o, l'apertura verso il futuro, le affido al gioco misterioso delle parole di una canzone di Gianna Nannini: «Muro, muro». Alchemiche parole che ricordano elementi della storia quotidiana, ma che soprattutto rivendicano quel diritto che mantiene in vita la sapienza dei popoli. Segreto che raggiunge i nostri orecchi e i nostri occhi in un eco e in una luce silenziosa, evocando solo il mistero. Silenzio, segreto, aspetti così poco considerati nei difficili equilibri della pace e della giustizia. Prigione è non potersi chiudere dentro… Noi abituati al sogno di un mondo purificato, ma ancora così poco amanti di un mondo «diverso».


Mondo rifatto con i pezzi: pezzi di storia, pezzi di sapienze, pezzi di ideologia, pezzi di natura, di minerale, di risorse naturali… luce, aria, muro, ferro, pietra… Noi che parliamo sempre del presente con la nostalgia del passato, come se prima avessimo conosciuto qualcosa di totalmente bello. Come se ricordassimo il paradiso perduto e invece nessuno sa come dovrebbe essere, nessuno così come non lo seppero gli asceti del IV e V secolo, o i mistici del 1300 con le loro olistiche vite e gli idealisti illuminati e i rivoluzionari dei tempi tecnologici.


La verità non ha proprietari come il sole, l'acqua la luna, le nubi, per cui non solo bisogna difenderle dalle multinazionali, ma bisogna anche difenderle dalle grette ideologie, o dalle dogmatiche dottrine e dai facili imbrogli delle sornione politiche dei qualunquisti. Prigione è non potersi chiudere dentro… possibilità degli spazi segreti delle identità e delle dignità umane: celle interiori da cui possiamo salvaguardare i sogni e anche il futuro con la sua alternativa dei tempi. E questo, oggi, proprio oggi, tempo in cui gli individui sono dimenticati da tutti, perché massificati nell'economia e nel mercato. Potenzialità alternative ritrovate dentro, quando si scava nella storia, nella terra e anche nell'aria, graffiandola una più volte per percepire il suo vero significato e il suo contenuto. Un sapere cui soggetti sono persone concrete, individui e collettività, segreti principi attivi, capaci di alimentarsi e alimentare reazioni inaspettate di vita…